Il kapoc o capoc

Si ricava dai peli dei semi del frutto del capoc (Ceiba Pentandra), pianta alta e robusta, coltivata principalmente in Brasile, India, Indonesia, Messico e Africa. I frutti sono raccolti per abbacchiatura (la battitura dei rami) e quindi aperti per togliere, a mano o a macchina, la lanugine che ricopre i semi.

Le fibre di capoc non si possono filare perché risultano troppo deboli. Il loro peso specifico è di soli 0,35 grammi per cm³, sono idrorepellenti, fini, soffici e lucide. Il capoc, grazie alla sua leggerezza e alle sue caratteristiche viene utilizzato come materiale da imbottitura, per i salvagenti e i materassi.

La canapa CA

Si ottiene dagli steli della omonima pianta (Cannabis sativa), coltivata principalmente in Italia, Polonia, ex- Jugoslavia, ex-Unione Sovietica, Ungheria, Romania, Spagna e Algeria.

Le fibre della canapa sono molto resistenti e presentano un’allungabilità e un’elasticità simili a quelle del lino. Le fibre sono grossolane e rigide e vengono raccolte prima di giungere a maturazione, al termine della fioritura. Gli steli sono alti tra i 2 e i 3 metri e dopo essere stati tagliati o strappati vengono lasciati essiccare e maturare. Segue la macerazione che dissolve le sostanze che tengono uniti i fasci liberiani (fasci legnosi che consentono lo spostamento delle soluzioni contenute nel terreno) agli altri. Le operazioni meccaniche successive hanno lo scopo di liberare la fibra dalle parti legnose della pianta.

La coltivazione della canapa è stata a lungo proibita. Attualmente, per la produzione di fibre, solo alcune varietà sono consentite. La canapa si impiega per fabbricare funi e canovacci oltre che articoli di abbigliamento.

La juta JU

Questa fibra liberiana si ottiene dagli steli delle piante di juta (Corchorus capsularis e olitorius). In termini di consumo mondiale e disponibilità è la seconda fibra vegetale più importante dopo il cotone. Viene coltivata in particolare in India nel delta del Gange, in Bangladesh e in Pakistan. Le fibre che si ricavano sono molto legnose e irregolari, hanno un odore penetrante e sono soggette a prematura decomposizione. Il loro colore è bianco-giallognolo o grigio-argento e il tempo e l’umidità tendono a farle imbrunire.

La juta è ottenuta attraverso la recisione delle piante, l’essicamento, la pulitura dei fusti e la successiva macerazione. Con una serie di operazioni meccaniche, simili per tutte le fibre di carattere liberiano, si separano i fasci fibrosi dalle parti legnose.

Molto simile al lino per quanto riguarda la resistenza, l’allungabilità, e l’elasticità, la juta si utilizza prevalentemente per la confezione di tessuti da imballaggio, rivestimenti o arazzi.

Il ramiƩ RA

Il ramié si ottiene dagli steli della pianta pluriennale omonima (Bohemeria nipononivea) che cresce molto rapidamente e viene anche detta “lino dell’Estremo oriente”. Infatti la zona più importante per la sua produzione si colloca fra la Cina e l’Indonesia, ma viene coltivata anche nell’ex Unione sovietica e negli Stati Uniti. Per estrarre la filaccia dallo stelo di questa pianta tropicale si effettuano fino a cinque raccolte annuali; attraverso la decorticazione viene liberata la corteccia che contiene i fasci di fibre. La sgommatura che segue scioglie la colla vegetale che tiene unite in fasce le fibre. La fase successiva prevede la sbiancata a cui segue la filatura.

Le fibre di ramié sono pregiate, simili al lino e molto robuste; sono lisce e uniformi, facili da tingere e resistenti alla luce, presentano una lucentezza costante e sono molto assorbenti. Al tatto risultano essere più dure della lana. La scarsa elasticità le rende soggette a sgualcire facilmente. Il loro utilizzo varia dalla confezione di tessuti fini, leggeri, con una buona resistenza al logoramento fino alle cinture e i nastri. Con le fibre più corte si realizzano le banconote. Gli elevati costi di produzione ne limitano però fortemente l’impiego.

Il sisal

Si ricava dalle lunghe foglie della pianta dell’Agave Sisalana; è una fibra dura coltivata in Brasile, Indonesia, Messico e Africa Orientale. Le fibre di sisal presentano un’elevata resistenza alla lacerazione e all’abrasione, sono facili da tingere (il colore originale della fibra è bianco-giallastro) e sono resistenti all’umidità anche se piuttosto ruvide e rigide. La raccolta si effettua recidendo le foglie più vecchie e lasciandole essiccare, prima di sottoporle a uno schiacciamento che ha lo scopo di “maciullare” i tessuti e separare i filamenti tessili dalla polpa secca. Il sisal si utilizza per la realizzazione di funi, tappeti e reti.

Il cocco CC

Ricavata dai grossi peli che ricoprono la noce di cocco (Cocos mucifera), la fibra dura presenta un’ottima resistenza all’abrasione, al logoramento e non si sporca facilmente. L’elasticità è buona come pure la proprietà isolante. Tipica della zona pan-tropicale del pianeta viene coltivata in India, Sri Lanka, Thailandia, Malaysia e Indonesia.

I gusci, tolti dalle noci, si lasciano macerare in acqua per alcune settimane, quando sono maturi, o alcuni mesi se non sono ancora giunti a completa maturazione. Le fibre vengono poi estratte manualmente o con apposite macchine. I compatti fasci fibrosi di color bruno-rossiccio sono costituiti da singole fibre con un diametro che varia tra i 15 e i 20 micron. La fibra di cocco trova impiego in particolare per la fabbricazione di passatoie, rivestimenti per pavimenti, cordame, ecc.