IL LINO
Origini | Pianta | Coltivazione e lavorazione | Morfologia | Proprietà
Da diecimila anni il linum usitatissimum, considerata la fibra tessile vegetale più antica, viene coltivato dai popoli del Mediterraneo. Le prime trasformazioni della fibra in filato risalgono all‘8.000 a.C. e i ritrovamenti delle mummie nelle tombe all’interno delle piramidi egizie confermano l’uso che gli antichi egizi facevano di questa nobile fibra. Una più ampia diffusione del lino, grazie alle tecniche di coltivazione e lavorazione assai avanzate in quel periodo, avvenne infatti proprio in Egitto intorno al 6.000 a.C.; i fenici, celebri mercanti e grandi navigatori, acquistavano il lino nella terra dei faraoni per poi esportarlo in Irlanda, Inghilterra e Bretagna. Durante il periodo imperiale della storia romana (27 a.C.-395 d.C.), la coltura e la lavorazione di questa fibra si svilupparono un po‘ dovunque in Europa. I romani furono i primi a utilizzare il lino oltre che per l’abbigliamento anche per le suppellettili della casa, mettendo a punto dei procedimenti per la sua lavorazione non dissimili da quelli che utilizziamo attualmente. Il lino raggiunse la massima diffusione nel corso del Medioevo. Neppure l’introduzione del cotone da parte degli arabi intorno al XIV secolo riuscì a offuscarne il predominio. Con il Rinascimento e l’affermarsi di un gusto per uno stile di vita raffinato si rafforzò la presenza del lino nella vita quotidiana, in particolare nella produzione di lenzuola e camicie. La fase della meccanizzazione dell’industria liniera prese avvio tra il XVII e il XVIII secolo in concomitanza con l’avvento della rivoluzione industriale, di cui la produzione tessile fu uno dei principali volani. Le iniziative coloniali europee e le attività di esplorazione delle aree tropicali favorirono inoltre la diffusione del cosiddetto “stile coloniale”, una moda che trovò nel lino, proprio per le sue caratteristiche di freschezza e leggerezza, il tessuto ideale. Nel corso del Novecento il consumo di lino è andato via via crescendo anche se le tecniche di coltura e lavorazione sono rimaste quelle tradizionali. Attualmente, almeno per quanto concerne l’Europa, il miglior lino viene coltivato in Normandia e in Belgio.
Pianta annuale il cui stelo può raggiungere un’altezza che oscilla tra gli 80 e i 120 centimetri, il lino presenta una fioritura che va dal bianco all‘azzurro. La varietà più comune e diffusa è la linum usitatissimum coltivata principalmente in Cina, Russia, Ucraina, Francia, Bielorussia, Olanda, Egitto, Belgio, Repubblica Ceca e Lituania. Esiste inoltre una varietà con stelo più corto, utilizzata per ottenere l’olio di semi di lino. Le migliori qualità di lino si ottengono nelle aree a clima temperato, in prossimità del mare e a basse altitudini.
Coltivazione del lino e principali processi di lavorazione
La semina avviene tra marzo e aprile e la crescita si compie in un periodo che va da 90 a 120 giorni. Segue la fioritura sulla sommità dello stelo, che si protrae fino a luglio–agosto, periodo in cui si procede al raccolto. Per ottenere una buona maturazione è necessaria l’alternanza di sole e pioggia. La maturazione è caratterizzata dall’ingiallimento delle piante, dalla caduta delle foglie e dall’imbrunimento della capsula dei semi. Il grado di maturazione determina il raccolto in relazione al tipo di prodotto che si vuole ottenere. Infatti con la cosiddetta “maturazione verde” si ottiene un tiglio finissimo, il lin bleu, utilizzato per batiste e merletti. Con la “maturazione gialla” quando il processo della stessa è quasi completo, si ottengono tigli più resistenti ma pur sempre fini, ed è il metodo più diffuso, mentre con la “maturazione piena” il tiglio è scadente e il seme rappresenta il prodotto principale. Nella fase della raccolta le piante di lino, dopo essere state asportate estirpandole alla radice, vengono riunite in fasci e lasciate seccare fino alla completa maturazione. Segue la sgranatura che permette di separare le capsule contenenti i semi dalle piante. I semi sono utilizzati nell’industria alimentare e per la produzione di vernici a olio. La fase della macerazione ha lo scopo di liberare la corteccia e le fibre del libro dagli steli, esposti agli agenti atmosferici quali pioggia, vento e sole e che possono indurre sulle piante un processo di fermentazione indotto da funghi e batteri in grado di attaccare i leganti naturali che intrappolano la fibra nelle parti legnose della pianta. La macerazione può avvenire anche industrialmente, per esempio, con l’utilizzo di acqua calda e l’azione di specifici prodotti chimici. L’essicazione avviene, con l’ausilio di stufe ad aria calda e precede la maciullatura che è la prima fase della stigliatura o scotolatura. Questi processi hanno lo scopo di eliminare le residue parti legnose degli steli della pianta e di liberare così le fibre di lino (filaccia), che sono lunghe tra i 45 e i 90 centimetri, e la restante stoppa scotolata con lunghezza che varia tra i 10 e i 25 centimetri. La parte più pregiata viene raccolta e agglomerata in mannelle che vengono successivamente pettinate attraverso cilindri dotati di diversi pettini. Si ottiene così la parallelizzazione delle fibre che verranno poi trasformate in un nastro continuo attraverso il processo detto “lungo tiglio”. Seguono i procedimenti di raffinamento e pulizia della fibra dove avviene la “mischia” tra i diversi lotti di materia prima. Si ottiene così lo stoppino che sarà subito candeggiato per eliminare i cementi naturali e sbiancare la fibra. L’ultima fase consiste nel caricare gli stoppini sui filatoi per la stiratura e la torcitura. Durante la successiva asciugatura il filato viene avvolto su dei tubetti, asciugato e portato a un’umidità dell’8%. Con la roccatura si forma la confezione finale (rocca) unendo più spole. Il filato viene controllato con stribbie ottiche al fine di eliminare eventuali difetti quali fiamme e neps.
Uno stelo di lino è composto da diversi strati di singole fibre detti elementi basilari, lunghe tra i 25 e i 40 millimetri. Per liberare i fasci di fibre che si estendono su tutta la pianta, fino alle sue radici, questi strati devono essere eliminati Le fibre del lino sono composte fino al 70%, da molecole di cellulosa ed emicellulosa a catena; una miscela di lignina, pectina, cera e grassi compone il rimanente 30% che tiene il tutto saldamente insieme. Il lino, rispetto al cotone, risulta essere più rigido e presenta una superficie più liscia. Possiede inoltre una maggior resistenza alla trazione (tenacità) ma una minore elasticità. Una caratteristica fondamentale del lino è la freschezza, dovuta alla sua ottima conducibilità termica, infatti il lino ha largo impiego nella confezione di capi che si utilizzano prevalente-mente con il clima caldo e umido anche in virtù della sua capacità assorbente che arriva fino al 20% del suo peso. L’ottima resistenza agli acidi diluiti, agli alcali e ai solventi organici lo rende facilmente lavabile.
I filati e i tessuti ottenuti dalle fibre di lino non inglobano molta aria, risultano quindi scarsamente isolanti e consentono alla pelle una notevole traspirazione. Questa caratteristica rende i tessuti di lino particolarmente freschi. Inoltre l’umidità, quasi sempre presente nelle fibre, rende praticamente nulle le eventuali cariche elettrostatiche. Il tessuto di lino protegge dall’inquinamento elettromagnetico, filtrando il 95% dei raggi UVA; inoltre, non si infiamma, resiste alle abrasioni ed è molto robusto (qualità che aumenta quando la fibra è bagnata). L’igroscopicità gli permette di assorbire e di disperdere nell’ambiente circostante l’umidità; ne risulta un ottima regolazione del microclima che si crea tra l’indumento e la pelle, oltre che, ulteriore peculiarità, la caratteristica battericida della fibra. La sua superficie presenta una moderata lucentezza e una buona compattezza al tatto anche se dal punto di vista dell’elasticità si situa come ultima tra le fibre tessili con valori inferiori al 2%. Il lino possiede infine un’elevata ricettività alla tintura e ai trattamenti di finissaggio.