LA SETA
Origini della seta | Baco da seta | Morfologia | Qualità e tipi | Proprietà | Fasi di lavorazione | Seta caricata
Secondo la tradizione, la nascita della bachicoltura si deve all'imperatrice cinese Xi Ling Shi, moglie dell’Imperatore Giallo e vissuta nel XXVIII secolo a.C.. Fu lei, detta anche la “signora dei bachi da seta”, a scoprire la particolarità di questo insetto. I cinesi riuscirono a conservare il segreto per secoli fino a quando nel 420 d.C. una principessa, andata in sposa a un principe del Turkestan, trafugò uova, bachi e semi di gelso, dando così inizio alla diffusione della seta che divenne, insieme alle spezie, una delle prime merci più ambite. La sua diffusione si espanse in tutto il mondo conosciuto, dapprima in Giappone, India e Corea e successivamente in Europa dove il traffico commerciale si intensificò a tal punto da dare la paternità alla denominazione della più importante via di comunicazione tra l’estremo Oriente e l’Europa: la via della seta, appunto. Tutto questo avvenne malgrado le rigide disposizioni date dagli imperatori che vietavano la vendita della seta al di fuori dei confini dell’impero. Le vesti realizzate in seta, inizialmente prerogativa dei soli imperatori cinesi, entrarono a fare così parte, grazie ai mercanti, del guardaroba delle classi più agiate quale bene di lusso assai ricercato. I romani, che giungevano a pagare fino a una libbra d’oro per una libbra di seta, cominciarono a produrla solo nel 550 d.C. durante l’impero bizantino. In Italia la seta sbarcò ufficialmente nel 1146 in Sicilia per effetto della dominazione normanna e della presenza di alcuni prigionieri di Corinto, specializzati nella bachicoltura ed esperti setaioli. Da qui ebbe inizio l’effettiva produzione ed espansione del tessuto in tutta la Penisola, che diede l’impulso decisivo a una tradizione produttiva che ancora oggi genera lavoro e ricchezza.
Il baco da seta (Bombyx mori) è lungo poco più di 2 millimteri al momento della schiusa delle uova. È estremamente vorace e si nutre di foglie di gelso. La voracità dei bachi da seta si interrompe in concomitanza con le quattro mute annuli che determinano le cinque fasi d’età della larva. Dopo circa 30 giorni raggiunge le dimensioni di ca. 6–10 centimetri. L’allevatore provvede allora a fornire ramoscelli e/o paglia al baco per permettere allo stesso di ancorare il bozzolo nel quale andrà a racchiudersi. Il groviglio di seta con il quale il baco fissa il bozzolo si chiama bavella o filaticcio. La fibroina (proteina animale) viene estrusa da un foro che si trova sotto il labbro inferiore del baco e che viene alimentato dai seritteri, due ghiandole collocate parallelamente all’interno del corpo. I filamenti che ne fuoriescono sono rivestiti da una sostanza gommosa, la sericina. Questa bava sottilissima si solidifica a contatto con l’aria. Ruotando la testa con un movimento a “8” il baco crea un bozzolo formato da circa 20-30 strati concentrici costituiti da un’unico filo ininterrotto lungo mediamente 1.200 metri. L’immersione in acqua bollente dei bozzoli ha lo scopo di evitare il completamento della metamorfosi e permettere il dipanamento del filo di seta sciogliendo parzialmente lo strato proteico di sericina che lo avvolge. La trasformazione da crisalide a farfalla avviene in circa due settimane. La farfalla fora la parete del bozzolo utilizzando le zampe e secernendo un liquido che ha lo scopo di rammollire l’estremità del bozzolo, in modo da scivolare fuori. Dopo l‘accoppiamento, la femmina femmina depone le uova. Da 50.000 bachi si ottengono circa 100 chili di bozzoli da cui si ricavano circa 120 metri di seta greggia. La seta selvatica è la qualità che viene generata da altre specie di bachi, quindi non da quello del gelso, il più importante tra questi è il tussah, non allevato in Europa e che vive sulle quercie.
La seta greggia è composta da due proteine. La fibrina, presente nella misura del 75-77%, conferisce la proprietà di reagire sia alle sostanze basiche sia a quelle acide. La parte restante di sericina è solubile in acqua calda, attraverso il processo definito sgommatura. Le restanti componenti risultano essere sostanze grasse, cerose e sali minerali che vengono eliminate tramite un bagno a bassa temperatura. La seta greggia, che contiene quasi tutta la gomma iniziale e per questa ragione risulta piuttosto ruvida e opaca, si presta male alle operazioni di tintura. La seta cruda è la seta greggia sottoposta a un lavaggio molto lieve con il quale si attenua sia la gommosità che l’opacità e la ruvideza. Nella seta cotta, infine, la gomma è completamente eliminata e la fibra risulta particolarmente lucente. Quest‘ultima può essere di color bianco più o meno intenso, verdognola, giallognola, gialla e in alcuni casi rossa. L’analisi al microscopio della sezione longitudinale della seta sgommata, caratterizzata da due filamenti paralleli tenuti insieme da una sostanza cementante, appare formata da sottili filamenti cilindrici. La sezione trasversale è prevalentemente di forma triangolare. Il diametro delle bavelle varia dai 10 ai 22 micron. Sia durante la cernita dei prodotti e la trattatura della seta, sia nelle varie operazioni di filatura e torcitura si producono cascami come i bozzoli sfarfallati, la spelaia (prima bava del baco), i bozzoli di scarto, i residui di bozzoli dipanati. I cascami, che costituiscono il 50% della seta greggia e sono costituiti da filamenti non continui chiamati comunemente sete schappe, vengono riutilizzati nella maglieria dopo essere stati trattati con macchine analoghe a quelle per la lavorazione della lana.
La seta greggia o tratta, si ottiene dai bozzoli non forati che mantengono la totalità del filamento dipanabile che corrisponde circa alla metà della lunghezza totale (circa 2.400– 3.000 metri). Da questa qualità si ottiene un tipo di tessuto liscio e brillante, molto regolare e senza nessuna sporgenza. Al tatto risulta caldo, morbido e estremamente fine. Questa seta è considerata di prima qualità. La seta schappe, terzanella o fioretto, si ottiene da bozzoli forati, da cascami di seta, dagli scarti generati dalla dipanatura e dai resti delle membrane. La lunghezza varia tra i 4 e i 15 centimetri (generalmente ritorto). I tessuti risultano semibrillanti ma regolari con delle brevi estremità sporgenti nelle fibre. Al tatto risulta molto fine, calda e più morbida della seta grezza. Questa seta è considerata di seconda qualità. La seta bourette o roccardino, si ottiene con la lavorazione delle fibre risultanti dalla seta schappe, quindi con una lunghezza inferiore ai 4 centimetri. Si ottengono dei tessuti irregolari, poco luminosi, opachi, con dei nodi che provocano dei forti ingrossamenti. Al tatto risulta essere resistente e piuttosto calda. Questa seta è considerata di terza qualità.
La lucentezza è una delle caratteristiche della seta, un aspetto notevolmente condizionato dal tipo di allevamento del baco, dalla scelta dei bozzoli e dalla loro lavorazione. La finezza non è regolare nella seta, infatti gli ultimi strati del bozzolo tendono a essere più grossi rispetto a quelli iniziali. In fase di dipanazione si riscontra che la fibra non si presenta con una sezione regolare. Ogni baco raggiunge oltre i 1.000 metri continui di filo, quindi anche la lunghezza è parte delle caratteristiche della fibra. La tenacità della seta è superiore a quella della lana e prossima a quella del cotone; la sua resistenza all’usura è buona e, se sgualcita, ritorna allo stato originario con facilità ammesso che le pieghe non siano state prodotte in ambiente umido e caldo. La seta è contrassegnata inoltre da una buona elasticità e può allungarsi fino al 20%. Se sottoposta a fonti di calore tende a ingiallire, un fenomeno che non si verifica alle temperature inferiori ai 130 C°. Anche il sudore, gli spray e i profumi indeboliscono la fibra e ne provocano l’ingiallimento oltre che determinare possibili alterazioni cromatiche. Il suo potere di assorbimento dell’umidità presente nell’aria e nel sudore lascia sul corpo una sensazione di calore molto gradevole e impedisce che i tessuti si carichino di elettricità statica.
I principali processi di lavorazione della seta
Nella spelaiatura i bozzoli vengono separati dalla spelaia (la prima bava del baco); la fase successiva detta cernita ha lo scopo di separare, in funzione della grandezza e della qualità, i bozzoli eliminando quelli difettosi. Le categorie che ne risultano devono essere il più possibile omogenee tenendo conto pure dei criteri del colore e della grana. La selezione migliore di bozzoli è denominata “reale”. Questa operazione viene eseguita con l’aiuto di crivelli regolabili che lasciano passare i bozzoli delle differenze grandezze determinandone i vari titoli. Si passa quindi al rammollimento, al macero e alla spazzolatura: le prime vesti della corteccia dei bozzoli vengono rammollite in acqua bollente e i bozzoli sottoposti a sfregamento tramite una spazzola rotante. Le bave di seta che si trovano in superficie (cascami di seta) vengono eliminate con la raschiatura; al fine di prendere e agganciare il capofilo o capobava dei bozzoli tale processo, denominato scopinatura, non deve dilungarsi oltre il necessario per evitare perdita di peso e la conseguente diminuzione della rendita. Nella trattatura, attraverso la fissazione all’aspo che gira continuamente, i fili si attorcigliano l‘uno all’altro e la massa d’acqua in essi contenuta si riduce sino al 70%; infatti, considerando la finezza della seta, si dipanano sempre tra i quattro e gli otto bozzoli contemporaneamente in funzione della grossezza del filo desiderata. La sericina salda i differenti fili in uno solo e si ottiene così il filo di seta grezza che presenta una sezione migliorata anche sotto l’aspetto della regolarità. Si dipanano circa la metà dei 3.000 metri di filo contenuti nel bozzolo. Nella fase dell‘aspatura i fili di seta grezza vengono portati su aspi per mezzo di rulli in porcellana e successivamente, dopo essere stati avvolti e asciugati attraverso circolazione d’aria a una temperatura di 35 C°, vengono disposti in matasse. Lo stracannaggio è l’operazione che consente di eliminare dal filo tutto quanto contransta con la sua nettezza; in seguito i fili vengono accoppiati grazie alla binatura. La torcitura evita che il filo di seta si aggrovigli oltre migliorarne la forza e prepararlo alla sgommatura che elimina dal filo la sericina. Nella fase della torsione la lucentezza viene determinata in funzione del numero di spire che vengono impartite, grazie a questa fase si può ottenere una gradazione di effetti che va dal lucido all‘opaco. La seta viene successivamente commercializzata sotto forma di matassa. Le matasse vengono in precedenza messe a bagno con lo scopo di rendere il filo più morbido e di personalizzarne la qualità, prima di essere avvolte sui rocchetti. In attesa di essere tinto e tessuto, il filo viene depurato con la stribbiatura che ne elimina le eventuali imperfezioni per poi passare alla metratura, all‘oliatura antistatica e alla zettatura (disposizione del filo su rocchetto per formare righe incrociate).
La sgommatura (eliminazione della sericina dalla seta attraverso bagni in sali minerali, sapone o agenti chimici) provoca una sensibile diminuzione del peso (circa il 25%). Per compensare questa perdita, la seta viene quindi trattata con sostanze vegetali (tannini) e/o sostanze minerali (cloruro stannico, fosfato e silicato di sodio), che aderendo alla fibra ne accrescono il peso. Tale operazione può esser eseguita più volte fino a raggiungere il peso originale della fibra (carica alla pari) o anche a superarlo (fino a un massimo consentito del 30%). In quest’ultimo caso la resistenza della fibra all’usura viene però pregiudicata.